Gli ultimi ritocchi, le telefonate e i materiali di stampa. 1-1 è pronto a viaggiare attraverso bar, librerie, studi di architettura, stadi e statali. Non vedo l’ora di conoscervi tutti!
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Between linebackers

Come si dice. La vita si decide in attimi, in azioni. La vita è come il football. Si decide in uno schema. E questa volta si chiama pop pass. Azione suicidio, do or die. Perché se nella vita non sei pronto a giocarti tutto in un’azione, a testa alta come un tight end, deciso a sfondare in equilibrio tra i linebacker che vogliono annientarti, camminando sulla cresta dei secondi che scorrono, allora non l’hai vissuta davvero. Down. Set. 70 gg. 1680 ore. 100800 minuti. Band of brothers. L’azione più lunga della vita. Quella decisiva.

La stella oltre i traccianti

Fuori è una notte scura senza luna. Ma il cielo è illuminato dai traccianti e il vento porta l’odore di polvere da sparo, raudi e deflagrazioni.
Ale è seduto basso, sotto alla finestra, il viso sporco di terra e di fumo, i pantaloni camouflage e la t-shirt verde militare.
Una notte di guerra, una notte senza certezze.
Un presidio perso in una landa desolata, percorsa da nemici, carri armati, obici e fanteria.
Nel buio, senza luci.
Un territorio da attraversare da solo, per salvarsi.
Per correre verso casa, per tornare alla luce.
Questa guerra è durata troppo, vuole solo svegliarsi da un incubo.
In una mattina di sole, nel profumo del cielo, le tende bianche che si muovono al vento, il vialetto illuminato e il sapore dolce del latte, bianco come la purezza, denso come la felicità.
Ma adesso, mentre il boato dell’artiglieria copre anche i respiri, non c’è nessun’immagine a cui aggrapparsi, per resistere.
La guerra, fuori dalla finestra, il fiato corto e gli occhi stanchi.
Prende in tasca il pacchetto morbido di sigarette, ne accende una tenendola nella mano per non mostrare il riflesso della brace e prova a sporgersi oltre il bordo per guardare all’esterno, nella corrente d’aria della notte, nel rumore, nel freddo.
Prima che una raffica lo faccia ripiombare a terra, in fondo, lontano, verso ovest, oltre la battaglia, il fronte e l’artiglieria campale, vede una stella.
Brillante. Poi torna ad accucciarsi sotto la parete, con gli occhi fissi nel buio.
Non ci sono più riferimenti. Non ci sono speranze, opzioni, piani.
Non c’è più nulla. È tutto crollato.
Ma quella stella.
È la stessa che vedeva dalla finestra della camera, la stessa che ha fatto compagnia alle sue notti felici.
È un punto. Un caposaldo. Una certezza.
Mentre una salva esplode a pochi centimetri dalla sua testa, Ale fa un sorriso e stringe i denti.
Oltre tutta questa guerra, oltre le coltri di fumo, oltre i lampi dei traccianti e le tempeste di polvere, oltre tutto questo c’è ancora casa sua.
Deve solo raggiungerla.

 

Microstories #3 La guerra è finita

Poi, nell’ultima notte di gennaio, i guerrieri tornarono a casa. Camminarono lungo le strade di fango e terra nel buio illuminato dalle stelle, senza parlare. Gli occhi stanchi e i corpi prostrati, la bocca secca e le sigarette amare. Avevano combattuto per mesi, senza pausa. Nel buio delle trincee e nei bagliori eterei dei traccianti, sotto soli aspri e contro venti ghiacciati. Avevano combattuto giorno e notte, tra lande desolate e terre bruciate dalla siccità, attraverso fili spinati e voragini causate dal fuoco di sbarramento. Ma guardando il nemico negli occhi, avevano scoperto loro stessi, con le stesse paure, le stesse emozioni. Per questo avevano combattuto cercando di non annientare, sparato cercando di non colpire. Attraversarono in silenzio la città, le mani sporche di terra e le uniformi strappate, sotto file di lampioni e piazzali illuminati. Camminarono in silenzio lungo viali alberati accesi da bar e ristoranti, in una città che non sapeva della guerra.
Trovarono la strada di casa. Salirono le scale un gradino alla volta e si lasciarono invadere dal calore del fuoco. Non dissero niente. Chiusero gli occhi e fecero un respiro. Ancora tutte le immagini davanti agli occhi, ancora l’adrenalina in corpo, ancora il sapore del campo di battaglia, il rumore dell’artiglieria nelle orecchie. Qualcuno aprì una bottiglia di vino, qualcuno accese una sigaretta da fumare alla finestra. Non c’era niente da dire. Ma la guerra era finita.

Microstories #2 La neve di dicembre

Quella notte la neve cominciò a cadere sulle trincee. Il vento di dicembre portava sapori di legna bruciata e di cioccolato. Il cielo era illuminato dalla luna e in fondo, lontano oltre le linee, qualcuno aveva acceso delle luci. John e Jim si guardarono per un istante, con le sigarette accese e le tazze di caffè bollente che avevano riscaldato con un fornello ammaccato. Per un istante chiusero gli occhi, sognando i regali sotto l’albero e il sapore dello sciroppo d’acero. La guerra durava da così tanto che non si ricordavano più nemmeno quando fosse cominciata. Il silenzio ovattato dei fiocchi riempiva la foresta delle Ardenne di dolcezza, coprendo di bianco i profili degli Sherman e le postazioni avanzate, quasi a cancellarli. Nelle uniformi strappate e rovinate della 101°, avvolti nella lana ruvida delle coperte, si sorrisero. Il fiato che faceva il fumo e gli occhi stanchi. Per una notte era bello guardare il cielo e sognare un’altra vita. Tutta la guerra, le avanzate, le missioni, l’adrenalina perenne nel sangue, per un istante scomparvero.
“Da che parte è l’ovest?” chiese a un certo punto John, a bassa voce.
“Da quella parte” rispose Jim, con la voce che tremava di freddo “Ma perché me lo chiedi?”
“Perché anche se non la vedo, almeno so che oltre il buio là in fondo c’é casa mia”.